Ciao a tutti. Alcuni di voi sanno che suono la tromba (a livello dilettantistico) in una banda. Qualcuno forse ricorda che l'anno scorso, in occasione delle festività dedicate alla Patrona di Catania, Sant'Agata, siamo stati chiamati a seguire un Cereo Votivo (costruzioni in legno tra i 500 e i 1000 kg a forma di torre riccamente decorate e portate a spalla da un minimo di 4 a un massimo di 12 persone). In tutto ce ne sono 12, e ciascuna è dedicata alle varie corporazioni lavorative o sociali. Quella che seguivamo noi è la Candelora dei Pizzicagnoli (salumieri e alimentaristi).
Una sera, dopo una lunga giornata passata a suonare per la Candelora, nonostante fossi stanco morto nella mia testa frullavano tutte le immagini e tutti i volti visti e vissuti fino a qualche ora prima. L'unico modo per tirarli fuori e poter finalmente riposare è stato quello di scrivere. Ne è venuto fuori un "racconto". Mi fa piacere condividerlo con voi (perdonatemi gli eventuali errori!). Se qualcuno volesse sapere qualcosa sulla storia delle candelore, della Santa e/o della festa chiedete pure .
ARRIVA LA CANDELORA
«Se tu penserai, se giudicherai
da buon borghese
li condannerai a cinquemila anni più le spese
ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
se non sono gigli son pur sempre figli
vittime di questo mondo.»
Fabrizio De Andrè
Che arriva la Candelora si capisce già a decine di metri di distanza.
La banda suona forte, perché così deve essere, così è richiesto. I tamburi rimbombano nell’aria e fanno tremare tutto, i piatti si infrangono, le trombe squillano (e qualche volta stonano) riempiendo l’aria di melodie da festa, spesso il tutto è accompagnato da cori di gente che segue il corteo e si gasa nel vedere la Candelora muoversi e ballare al suono della musica.
Le Candelore possono andare ovunque, sia nei quartieri alti, sia nei più bassi. A seconda di chi la richiede (ovviamente dietro una offerta molto generosa).
Nei quartieri alti, spesso, la Candelora viene accolta in tre modi differenti: divertita indifferenza (quando la gente la vede, sorride, e se ne va), totale indifferenza, o addirittura fastidio.
Ma è quando passa per i quartieri dove sembra che i raggi del Sole del Buon Dio non arrivino che inizia la vera festa. Tra la gente povera si apprezza di più l’aria di festa portata dalla Candelora. Che arriva la Candelora si sente da lontano: finestre e balconi si aprono e da queste si affacciano bambini, ragazzi e ragazze, donne, nonne e nonni. Tendono l’orecchio per capire se hanno sentito bene, guardano da tutte le parti per capire se sta passando veramente, e quando la vedono immediatamente scendono per strada, a salutare la Candelora e a far divertire e ballare i neonati al suono della musica. I bambini scappano raggiungendo il corteo, guardano incuriositi Chiumma e Banda, guardano la Candelora, chiedono di poter suonare il tamburo, scherzano con i trombettisti, urlano e cantano. Salutano i ragazzi più grandi che seguono il corteo con i motorini e tornano dalle madri e dagli amici rimasti indietro, a raccontare tutto. Poi la Candelora riparte, la musica ricomincia. Una camminata di un’altra decina di metri e poi di nuovo giù. Le signore guardano cercando di capire che candelora sia, e immediatamente arriva la domanda “Cu siti?” e spesso non si può rispondere Pizzicagnoli ma “Fummaggiara”, così che tutti lo possano capire.
Per chi frequenta poco quelle zone della città, certe situazioni possono sembrare paradossali, possono lasciare senza parole. Ragazze di appena 20 anni, ma che ne dimostrano almeno una quindicina in più, con uno o più figli; ragazzine di appena 12 anni su motorini, magari con due amichette coetanee dietro, tutte truccate e tutte tirate; dialetto stretto e spesso molto volgare, italiano prossimo allo zero.
Ma per queste persone la Candelora ha un significato particolare, diverso.
Ieri una donna ha visto la Candelora arrivare. Appena il corteo si è fermato, per permettere ai portatori di riprendere fiato, si è avvicinata ed è scoppiata a piangere. Non un pianto da esagerata commozione, ma un pianto liberatorio.
Una ragazza, che avrà avuto al massimo la mia età (26 anni), molto bella e con la bellissima figlia in braccio, guardava con sguardo stanco la Candelora da lontano, non si avvicinava, e neanche si allontanava, ferma immobile a guardare tutto. Era in tenuta da casa: una tuta, un paio di ciabatte e una vestaglia, giusto per non uscire di casa in maglietta che fa freddo. Appena aveva sentito la musica, in fretta, aveva preso la vestaglia, aveva vestito la bambina ed era scesa a vedere la festa che è stata organizzata da un negozietto sotto casa sua proprio per la venuta della Candelora. Stava fuori, in strada, ad una decina di metri, ad una distanza tale da poter vedere tutto ma non mischiarsi nella folla. E parlava alla bambina, le raccontava della banda, della musica, della Candelora, la rassicurava quando sono partiti i fuochi.
Diverse nonne e diversi nonni, con il loro passo lento, si avvicinavano alla festa, alla banda, alla Candelora, chiedevano la tarantella per poter ballare, qualcuno voleva sentire un bolero. E quando la banda suonava battevano le mani a ritmo di musica, felici e divertiti, e cantavano il ritornello di Ciuri Ciuri.
Tanti piccoli, che probabilmente da pochissimo avevano imparato a camminare, sentendo la musica ballavano come solo loro sanno fare, molleggiando e battendo le mani, ridendo e chiamando.
E poi c’erano i bambini un po’ più grandicelli, che si mettevano a tu per tu con la banda, improvvisandosi direttori d’orchestra “Iu sugnu u capu ra’ banna!!”, cercando di prendere in giro i musicisti che per contro rispondevano a tono, finendo per ridere tutti insieme, o cercando di suonare i tamburi o i piatti.
Pochissimi uomini, per lo più posteggiatori e i classici “scemi del quartiere” (svago di pomeriggi noiosi per ragazzi e ragazzini, ma a volte anche per adulti), perché in genere i mariti lavorano fino a tardi, e in alcuni casi meglio non sapere.
Un nonno che si trovava a passare da lì, con un incarto di farmacia in tasca, avendo visto la Candelora ed il consueto “rinfresco” offerto dai commercianti, dopo essersi intrufolato si allontanava con degli arancini su un piatto senza guardarsi indietro per evitare che qualcuno gli chiedesse di restituire quello che probabilmente per lui sarebbe stato uno sfizio (dopo chissà quanto tempo) gratuito.
Quando finalmente tutto è finito, e il letto da lontano miraggio è diventato realtà, nella mia mente sono apparsi tutti i volti di tutte le persone che avevo visto nel pomeriggio: la donna che piangeva, la ragazza con la figlia, i nonni che cantavano, i bambini che urlavano e correvano, il nonno con gli arancini ben stretti. E ho capito il significato che quell’oretta ha avuto per loro. Tutte queste persone, per un motivo o per un altro, per la colpa commessa da qualcuno o per una fatalità del destino, si ritrovano a vivere una vita misera, spesso triste. E quell’oretta di festa, con la musica, i fuochi d’artificio, ma soprattutto la Candelora, è stata per loro un’ora spensierata, di divertimento, un motivo per allontanarsi dal senso di solitudine che spesso sicuramente vivono. Magari qualcuno, come la donna che piangeva, ha anche avvertito la presenza della Santa a cui sono dedicate le Candelore, lanciando una preghiera.
O magari niente di tutto ciò.
Ma ripensando ai volti di tutte quelle persone, che potrebbero benissimo essere uscite dalla canzone “La città vecchia” di De Andrè, mi piace pensarla così.
Ed anche se sono stanco, sfruttato, sottopagato, ho le labbra tumefatte, le spalle a pezzi, le gambe che non mi reggono più e potrei chiedermi chi me lo fa fare, sono sinceramente contento di aver fatto del mio meglio, di aver suonato, di aver stonato, di aver perso fiato e voce per queste persone.
2 Febbraio 2013
 
 
_________________ Pensavo: bello che dove finiscono le mie dita debba in qualche modo incominciare una chitarra...
One thing I can tell you is you got to be free!
Ricorda, Signore, questi servi disobbedienti alle leggi del branco... |