la domanda mi piace molto! personalmente sono ancora nella fase della vita in cui, più che pensare a che fine faranno le mie cose alla dipartita, di roba mia devo iniziare ad accumularne! Ma non si può mai sapere, non abbiamo accesso al libro della vita. Per cui è pragmaticamente giusto e conviene pensare certe cose. Superstizione?! Perché mai? Filosoficamente la considero l'idiozia più assoluta. Quanto sarebbe bello poter vivere senza superstizione, lasceremmo questa terra in modo più ordinato e molte dispute sull'eredità non avrebbero motivo di esistere. Spero comunque di arrivare al giorno in cui avrò un figlio/a e o nipote da coinvolgere nella cactofilia. Per adesso ho coinvolto la mia metà quindi direi che come abilità di convincimento ci siamo! In ogni caso, mica male l'idea di regalare ai giardini botanici!
Un discorso che vale, come ha citato peluga, per tutte le passioni che abbiamo; ho toccato con mano quello che è successo con certe cose di mio padre; fortuna vuole che qualcuna (francobolli e monete) io le abbia coltivate in gioventù, a differenza dei miei fratelli, e che me le sia accapparate, altrimenti finivano su qualche bancarella in svendita. Aveva anche la passione del cinema e aveva parecchio materiale "hardware" che mia madre ha "smaltito" nel tempo a mia insaputa; fortuna che almeno pellicole di un certo pregio sono rimaste in archivio. Per non parlare della biblioteca che son riuscito a bloccare e a inventariare, impedendo che andassero persi libri di grande valore.
Ieri, con sommo dispiacere, ho partecipato alle esequie di un mio amico radioamatore, appassionato collezionista anche di radio d'epoca; fortuna che anche la moglie ha questa passione.... per ora i cimeli sono salvi. Proseguendo la serata in casa di una altro radioamatore, anche lui con la mania dell'antichità, quando l'atmostera era già distesa, i figli facevano già progetti su come disfarsi delle "cianfrusaglie" quando il genitore non ci sarà. E lì a formulare ipotesi su cosa fare prima, in maniera che altri non facciano dopo ahahha
Per le mie piante, che spero di incrementare ancora per parecchi anni, non avendo eredi diretti, lascerò nel testamento (moglie compresa) che, i vari nipoti e pronipoti se vogliono avere qualcosa in lascito, dovranno prendersi cura delle piante con la solerzia del "buon padre di famiglia" pena la confisca dei beni
Ma chi gliel'avrà fatto fare all'uomo di mettersi a misurare il tempo?
Secondo me il tempo non esiste, l'ha inventato l'uomo.
Senza la conoscenza dei numeri forse non si avrebbe la percezione del tempo che passa. Sono convinto che il mio gatto, il mio cane, loro non capiscono il tempo che passa...insomma non fanno i conti con un calendario, e forse non sanno nemmeno che un giorno dovranno morire.
Chissà come sarebbe stata la propria vita se non avessimo dovuto pensare a tutto questo.
_________________ "Molti fiori sono nati per fiorire non visti,
e sperdere la loro dolcezza nell'aria deserta"
Dai facciamo un poca di filosofia, fin che non arriva Silvawolf!!!
Groucho, il tempo non esiste, hai ragione tu; se così non fosse, cadrebbe il concetto di eternità.... e mi fermo qui ahah
vedo che andiamo sul filosofico com'era inevitabile che andasse...
Se non sbaglio gli unici animali a saper di dover morire....sono gli elefanti, che diventando vecchi si allontanano spontaneamente dal branco morendo in disparte (ma gli elefanti non collezionano cactus!! ).
Anch'io credo che il tempo, come lo intendiamo noi, non esista. Esiste l'infinito, quello si. L'infinito dell'universo, dei cicli vitali etc... L'infinito come insieme composto da parti "finite". Certo che se uno dovesse pensarci in continuazione non muoverebbe un passo e le collezioni, in generale, credo che in fondo rappresentino una volontà inconscia di lasciare un segno nella propria vita...
E' vero quello che dice Groucho: anche i gatti, in genere, sentono l'arrivo della morte e si allontanano... e c'è un legame con il seguito del suo discorso:
"Il gatto nero" > E.A. Poe > "Il corvo"
vi avevo scritto un sermone filosofico pazzesco e il computer non me lo ha caricato!!! . Vi giuro, è andata così!!! e il bello è che ero particolarmente soddisfatta! Non vedevo l'ora di leggere cosa mi rispondevate! Il destino vi ha risparmiato il mio sproloquiare e, con buona pace di exwarrier, non contraddirò gli dei, per adesso, ahahaha!!! A meno che... non preferiate che lo faccia
Eh sì, Silvia, come dice Groucho l'esperienza ti insegnerà che è meglio scrivere tutto, prima, su notepad o qualcosa del genere (è anche più agevole) e poi copiare qui nel forum.
Dai, datti da fare e stupiscici
Registrato: 04/09/10 19:48 Età: 76 Messaggi: 87 Residenza: San Gregorio Di Catania
Inviato: Sab 24 Nov 2012, 0:52 Oggetto:
peluca Sab 24 Nov 2012, 0:52
... ho fatto un accordo con i mie..
il ricavato della vendita delle spine indesiderate ...... per la mensa dei poveri
_________________ Noi villan...
E sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al re
fa male al ricco e al cardinale
diventan tristi se noi piangiam
Dario Fo
ormai non ricordo bene che cosa avevo scritto... comunque provo
Io non sono convinta che gli animali non sappiano di dover morire. Oltre a elefanti e gatti penso in generale all'istinto della fuga e credo che già l'esperienza del dolore porti con sè una certa dose di consapevolezza. Pensate a voi stessi: Homo sapiens...
Noi come scopriamo di dover morire? Ci ho riflettuto, ho pensato che questo si deve, fra le altre cose, alla nostra natura sociale: da bambini ci dicono che esiste il pericolo della morte, col tempo vediamo purtroppo intorno a noi il suo manifestarsi in animali e persone care. Ma da ciò in avanti, non facciamo che una inferenza! Trasferiamo quell'accadimento a noi stessi. Non credo che un animale non sappia fare neppure un minimo passo di questo processo. E se noi non fossimo animali sociali cosa cambierebbe nel nostro modo di scoprire la morte?
Groucho ha sollevato la questione dell'esistenza del tempo e del suo legame coi numeri. Ora, senza addentrarmi nell'ontologia del tempo in sè, penso che non desidererei che il tempo non esistesse. Il tempo legato ai numeri, il tempo dell'uomo, è quello che deriva dal senso comune. Il senso comune è quel contenitore di conoscenze che ci servono a sopravvivere. Il senso comune è quella vocina automatica dentro di noi che ci fornisce nozioni di base nelle attività di ogni giorno. Compito del senso comune è elaborare codici di comunicazione, convenzioni per sopravvivere. Le due principali che l'uomo ha inventato sono i numeri e l'alfabeto. L'orologio, il calendario... senza di essi come faremmo a incontrarci? Se non ci incontriamo come comunichiamo? Come comunicare senza linguaggi, di qualunque tipo siano? E il tempo non è che lo svolgersi di tutto questo; le sue pedanti codificazioni sono il frutto di un necessario sforzo di sopravvivenza/convivenza.
Infine: collezionismo come volontà del singolo di lasciare una propria impronta contro la fugacità della propria esistenza? Spiegazione interessante... ma vi propongo anche la mia:
il collezionismo è l'automedicazione, sotto forma di placebo, contro la malattia universale della paura della fossa . Come un bambino che una volta ho visto al parco giochi.: non voleva tornare a casa e si aggrappava ai pali della luce! Consapevoli che in realtà non c'è nulla di veramente nostro, noi diciamo: "ecco, accumulo cose che sono mie, così non le posso lasciare andare!".
Ed eccovi il sermone ricostruito
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